Ufficio Speciale per la Ricostruzione dei Comuni del Cratere

Ufficio Speciale per la Ricostruzione dei Comuni del Cratere

Accoglienza e incontro

Ogni tappa non è stata solo un'esplorazione del paesaggio, ma si è rivelata spesso momento di incontro autentico con il territorio.

Nei luoghi attraversati i camminatori hanno trovato occasioni di ascolto e dialogo: negli sguardi dei signori seduti al bar o delle signore dietro le finestre socchiuse hanno sperimentato la curiosità, ma anche l’orgoglio.

Il cammino ha rivelato un territorio accogliente, dove l’incontro tra persone si fa esperienza di scambio culturale e umano. Ogni borgo attraversato non è stato solo una meta, ma è diventato protagonista di una narrazione collettiva, un viaggio condiviso in cui il territorio e chi lo abita hanno raccontato storie di accoglienza e appartenenza.

 

 

Sono stati diversi gli incontri con altri camminatori o persone che percorrevano i sentieri in bicicletta con cui scambiarsi impressioni sul tracciato o sull’itinerario percorso; mi ha colpito la quantità di viaggiatori alla scoperta delle terre abruzzesi avventurarsi in bicicletta. E poi il grande gesto di umanità e rispetto del saluto che sorge spontaneo quando si incontra una persona lungo un sentiero, una preziosa consuetudine in montagna, difficile da replicare in altri contesti. Marianna, USRC

Abbiamo incontrato comunità di persone che erano molto incuriosite dalla nostra presenza, mi ha sorpreso la curiosità e l’orgoglio con cui ci tenevano a farci vedere i loro luoghi e territori. Martina, USRC

La sensazione generale è che questo sia un territorio nato per accogliere: nessun forestiero passa inosservato. Ed è un bene perché, fosse anche solo per curiosità, ma nessuno rimarrebbe nell’anonimato attraversando questi piccoli centri. Roberta, USRC ( )

Roberta, architetto USRC
Percorse 8 tappe di 4 cammini

Quali erano le tue aspettative prima di iniziare il percorso?
Questo tipo di attività è stata ampiamente caldeggiata sin nelle fasi iniziali del progetto per l’evidente necessità di conoscere il territorio sul quale stavamo iniziando a fare dei ragionamenti e quindi le mie aspettative erano molto alte, tanto quanto la mia partecipazione a numerose tappe un po' per necessità, un po' per piacere!

Qual è la tua impressione?
Ritengo che questa sia stata una grande occasione data a tutto il personale, e credo sia stata apprezzata vista la numerosa adesione su base volontaria. Riscoprire un territorio in cui lavoriamo con la lentezza del camminatore ci ha dato modo di apprezzare ciò che spesso vediamo senza guardare, percorriamo senza abitare, sfruttiamo senza valorizzare.

Qual è stato il paesaggio che ti ha colpito di più nella tappa? Cosa lo ha reso speciale?
Partecipando a numerose tappe devo dire che sono diversi i paesaggi che per motivi disparati rimangono nella mente e nel cuore. Tra tutti però c’è una vista sulla piana di Navelli catturata dal terrazzo di un’elegante signora di Caporciano che ci ha fatti entrare nella sua casa per un caffè. A renderlo speciale è il piacere dell’incontro che solo il camminare rende possibile. La dimensione dimenticata dell’essere viandanti e affidarsi alla provvidenzialità dell’accoglienza da un lato, lo scoprire la bellezza di condividere a volte anche ciò che di più intimo abbiamo, la nostra casa, dall’altro.

Ci sono stati incontri interessanti con le comunità locali incontrate lungo il cammino? Se sì, come hanno influenzato la tua esperienza?
Abbiamo incontrato le comunità locali in più occasioni e località. Siamo stati seguiti dallo sguardo curioso dei signori fermi al bar, da quello circospetto delle signore dietro gli scuri delle finestre e siamo stati più spudoratamente interrogati sul nostro camminare da chi ci ha incrociati su strade sterrate e carrarecce. La sensazione generale è che questo sia un territorio nato per accogliere: nessun forestiero passa inosservato. Ed è un bene perché, fosse anche solo per curiosità, ma nessuno rimarrebbe nell’anonimato attraversando questi piccoli centri.
A titolo di esempio riporto l’esperienza di Molina Aterno dove, se avete la fortuna di trovare il grande portone in legno di Palazzo Piccolomini aperto, vi consiglio di bussare: troverete la famiglia dei proprietari pronta ad accogliervi con un buon succo di frutta ed il loro cagnolino a cui fare qualche carezza. Ho chiesto se potevo dare uno sguardo e mi hanno consigliato di visitare la porzione ancora non ristrutturata. Dal cortile, attraverso un cancello chiuso per questioni di sicurezza, è possibile scorgere un lungo corridoio coperto con armoniche volte a crociera e al suo termine si intravede un magnifico pozzo in parte avvolto da vegetazione spontanea. Peccato non potersi avvicinare! Invece salendo una doppia rampa di scale davvero imponente, si accede al piano nobile. I locali visitabili sono abbandonati e vetusti, ma è chiara la magnificenza dei tempi antichi e le colorate carte da parati in parte staccate dall’umidità e dilavate, oltre che i soffitti pitturati lasciano immaginare il prestigio del palazzo. Mentre alcuni di questi locali sono bui e non facili da illuminare con la torcia del cellulare, da una porta il legno si accede alla loggia che colpisce per la luminosità assicurata dalle ampie arcate che rendono visibile il pavimento in cotto ben conservato e gli archi alternati cupole finemente dipinti.

Come e quanto ha inciso la partecipazione del personale CAI alla riuscita della tappa?
Credo di aver conosciuto e camminato con molto del team del CAI, ed è stato un piacere in tutti i casi: dagli storici iscritti agli albori della sezione dell’Aquila, alle nuove leve appena assoldate, l’impressione è stata che sempre occorre conoscersi per arricchirsi reciprocamente. Dei più anziani non posso non citare Roberto, che è stato presente nelle primissime tappe: un veterano pieno di esperienza e che nonostante gli acciacchi ha dimostrato a noi giovinetti quanto sia la mente a comandare il corpo. Silenzioso ma accogliente, col suo passo lento e costante ci ha accompagnati anche dove il sentiero era chiuso e con l’autorevolezza necessaria, con poche parole dal tono fermo e calmo, ha ricondotto alla serenità una situazione non ordinaria. O Carlo, che ha iniziato con la grande rigidità di colui cui è affidata una grande responsabilità ed ha concluso la sua ultima tappa con una pacca sulle spalle, che per le persone di una certa età è la massima espressione di amicizia e confidenza. Quindi i più giovinetti: due ragazzi che bastavano a loro stessi nella prima uscita, e che con il tempo hanno deciso di rivedere il loro ruolo di accompagnatori divenendo un piacevole punto di vista! In ultimo vi racconterò di Leucio, la cui vocazione di insegnante è chiara dal modo di ascoltare oltre che dalla sensibilità mai scontata di chi, una volta ricordato quanto affermato durante il corso di formazione “Noi uomini del CAI”, ha ritenuto doveroso offrire una birra ed un pezzo di pizza al team, tutto femminile, di una tappa!

L’esperienza della tappa ha rafforzato il legame con i tuoi compagni di viaggio? Se sì, in che modo?
L’esperienza del camminare consente di conoscersi e confrontarsi. L’eterogeneità delle composizioni dei gruppi e del tipo di tappa, hanno consentito una varietà di combinazioni divertente e sempre nuova, determinando la giusta curiosità e apertura mentale. Credo i benefici siano, più che nel progetto, nel contesto lavorativo. La collaborazione e le nuove sinergie non andranno perdute, ma potenziate.

Hai scoperto nuove qualità o capacità in te stesso/a durante le tappe? Quali?
Ho prestato particolare attenzione all’aspetto gestionale delle uscite a cui ho partecipato, dedicandomi molto alla raccolta dei dati quando ero un partecipante, e molto a quello di team leader nelle occasioni in cui avevo questo ruolo. Non ho avuto grosse difficoltà e camminare è una pratica quotidiana per me, ma camminare in gruppo è altra cosa e per me è stato un buon esercizio a volte di pazienza.

Quali emozioni hai provato guardando indietro all'intera esperienza?
Serenità e piacere di vivere e abitare un territorio meraviglioso.

Se dovessi descrivere i cammini dei quali ha percorso qualche tappa in una sola parola, quale sarebbe e perché?
Naturalmente. Questi cammini in particolare offrono la possibilità di riempirci di meraviglia per mezzo di composizioni armoniose di architetture e natura in paesaggi sempre diversi seppure territorialmentdella Baronia: possiamo guardare lontano sulle alture completamente scoperte del cammino della Baronia, perderci di vista nelle fitte pinete del cammino tra i Vestini, essere accompagnati dal costante rumore del fiume nel Cammino Grande di Celestino, e guardare balle di fieno a perdita d’occhio nella piana delle Rocche sul cammino dei Francescani.

Torneresti a percorrere uno dei cammini o consiglieresti ad altri di farlo? Perché?
Li farei tutti. Baronia e Celestino a piedi, Vestini e Francescani in bici.

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